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LAVORO O VOLONTARIATO? (pubblicato su Il Volantino)

Quello degli emolumenti a Sindaco, Assessori e Presidente del Consiglio è un terreno su cui si rischia facilmente di scivolare nel populismo e nella strumentalizzazione.

L’argomento è tornato alla ribalta in occasione della recente delibera della Giunta De Donno che ha aumentato le proprie indennità nella misura massima consentita dalla nuova normativa, dopo aver fatto altrettanto all’atto dell’insediamento applicando tutte le maggiorazioni previste.

La decisione ha suscitato vivace clamore in città, tra chi ha gridato allo scandalo, viste le attuali contingenze economiche, e chi l’ha ritenuta giusta. Fondamentalmente, tra chi considera il taglio delle indennità il metro di valutazione dell’operato politico-amministrativo e chi l’equo compenso per impegno, tempo e responsabilità sottesi ad un incarico di governo di tal genere. Il fronte si allarga ancora, tra chi reputa l’amministrare per il Bene Comune puro volontariato e quindi da espletarsi gratuitamente e chi sostiene che in tal caso solo benestanti e pensionati potrebbero cimentarsi.

Nello specifico parliamo di € 3.473,55 (€ 3.752,25 dal 2023 ed € 4.140,00 dal 2024) per il Sindaco, poco più della metà per il Vice e un po’ meno ancora per ogni Assessore e per il Presidente del Consiglio, al mese ed al lordo delle ritenute.

Possono apparire eccessive come congrue o addirittura inadeguate. Ma quantificazione base e maggiorazioni, ove si decidesse di applicarle, sono statuite dalla legge. Come anche l’indennità di fine mandato del Sindaco, pari ad una mensilità per ogni anno di amministrazione.  

Ridursi o tagliarsi interamente l’indennità di carica in favore del bilancio comunale e quindi della comunità, devolverne parte o tutta per scopi socio-assistenziali o per altre lodevoli finalità e servizi sono atti consegnati alla sensibilità di ciascun Amministratore. Come accade per qualunque individuo che decida di compiere un gesto di liberalità o di carità umana, donando somme di danaro o prestando gratuitamente la propria attività.  

Può allora sindacarsi questa scelta? E soprattutto può discendere da essa il parametro di giudizio del buon governare?  

E se, invece, l’indennità fosse rapportata al risultato, come accade per i dirigenti/manager aziendali? Al conseguimento di finanziamenti? Alla realizzazione di infrastrutture e servizi? All’indice della qualità della vita, dello sviluppo economico ed occupazionale, della salvaguardia ambientale? Alla misura di contenimento e razionalizzazione dei costi generali dell’ente? Al grado di partecipazione e trasparenza dell’azione di governo? Alla percentuale di programma elettorale attuato?

Forse sarebbe il giusto compromesso meritorio.  

Pubblicata il 09 aprile 2022
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